Parigi Metro, ore 6:00 del mattino, biglietto in mano, il viaggio ha inizio.
Questo segna l'ingresso in uno dei sistemi metropolitani più belli d'Europa e, per estensione, il terzo più grande dopo Londra e Madrid.
La prima linea è stata inaugurata nel 1900 in occasione dell'Esposizione Universale.
Più di 5 milioni di persone si spostano da una parte all'altra della città in un solo giorno, come pesci trasportati da un fiume in piena. È una moltitudine di uomini e donne, di diverse razze e posizioni sociali, che si muove con una velocità disarmante e inafferrabile.
All'interno della metropolitana, il mondo si muove con dinamiche proprie. Mentre all'esterno il movimento e la corsa sono i padroni, all'interno dei vagoni tutto sembra fermarsi, tutto si trasforma, si cristallizza, dominato dai pensieri o dalla tecnologia. Ognuno, indipendentemente dalla razza, estrazione sociale o età, si uniforma: tutti con il cellulare, il tablet, il computer, i giornali o i libri, si isolano dal mondo esterno. Nessuno sa chi ha accanto, nessuno osserva il mondo che li circonda, nessuno riesce a cogliere la bellezza magari di un uomo dall'aspetto regale che sembra un principe africano, o gli occhi persi di un arabo che sembra materializzatosi da una fiaba di Alì Babà, o ancora un anziano dall'aspetto tipicamente inglese magicamente fuoriuscito da un vecchio film di Guy Hamilton.
Tutto prosegue e le carrozze diventano un enorme navicella spaziale in un universo di umanità assente.